Viene chiamata sindrome della spugna, quella condizione in cui uno non riesce a dare il giusto peso alle cose e si fa travolgere dagli eventi e dalle preoccupazioni. Io sono stata una spugna da strizzare per molti anni di quelle belle morbide che si imbevono di acqua con tanta facilità e che non riesci mai a strizzare fino in fondo. Poi ad un certo punto ho scelto l’happy life. Non proprio da un giorno all’altro. Direi che è stato un percorso. E non vi nascondo che non è stato neanche così rapido e indolore. E sicuramente ancora non del tutto completato. Ma penso che valga la pena provare. A essere più felici intendo. A godersi la vita un pochino di più scegliendo di renderla più vicina a come vorremmo raccontarla in un film.
Non so dirvi quando scatta qualcosa. Forse passati i 40. Forse non c’è una reale Casella del Via. Semplicemente il bisogno bussa più forte e non puoi fare finta di niente.
Senti che è arrivato il momento di fermarsi a riflettere, moltiplicare i punti di vista e (se c’è bisogno) chiedere aiuto. E’ il momento di scendere dal piedistallo, perché in fondo la permeabilità è anche segno di una posizione egocentrica. Un po’ di sano distacco dalle situazioni può aiutarci a viverle meglio, con più leggerezza.
Circa 5 anni fa scrivevo questo.
E rileggermi quasi mi commuove perché in questa happy life ci ho creduto tanto. E ci credo ancora, ovviamente. Ma la leggerezza non è più la stessa.
La bellezza delle piccole cose alle quali mi sono attaccata così tanto in questi anni, rimarcando il loro valore, la capacità di donarci picchi di felicità trascurabile, non è cambiata ma grida a grande voce: non posso farcela.
Ed è proprio così. Non può farcela, di fronte a tanta incoerenza.
Non possiamo essere gli stessi che si emozionano guardando un tramonto, due anziani che si prendono per mano, un bambino che ride o il cielo durante l’eclisse della super luna di sangue, ma rimangono insensibili di fronte alla notizia di morti disumane, agonie inaccettabili. Non possiamo essere gli stessi che rimangono attaccati alla tv seguendo un dramma d’amore, ma non si indignano se nello stesso tempo centinaia di persone reali subiscono lacerazioni familiari dolorose, spostamenti inaccettabili e improvvisi che suonano un po’ come deportazioni nella metodologia di svolgimento. ( Leggi QUI )
No. Non mi riconosco in questa scelta di disumanità. Non mi sono MAI sbilanciata su personali posizioni politiche, dato il mio ruolo di insegnante, scegliendo di parlare in questi miei spazi personali solo di leggerezza. Creme e borse. Tutto ok. Ma leggerezza non vuole dire indifferenza.
Credo che l’indifferenza e la perdita di memoria siano i rischi più gravi che un popolo possa correre. E noi siamo già a buon punto in questa direzione.
Io non ci sto.
Non a nome mio.
a presto
Sa
Iscriviti per rimanere sempre aggiornato sulle novità e gli ultimi articoli
Leave a Reply