“C’è un latinista nel container!”. Una delle spassosissime battute contenute nel sequel Smetto quando voglio – Masterclass, secondo capitolo di una trilogia che si concluderà con Ad Honorem, attualmente in post-produzione.
Il giovane regista salernitano Sydney Sibilia tenta di costruire una formula di genere, questa volta coadiuvato da Luigi di Capua dei The Pills e Francesca Manieri di Veloce come il Vento allo script, dalla fotografia viva e quasi psichedelica di Vladan Radovic, Gianni Vezzosi al montaggio, Alessandro Vannucci alla scenografia, Patrizia Mazzon ai costumi e dai due David di Donatello, Angelo Bonanni, miglior fonico da presa diretta per Non essere cattivo di Claudio Caligari e Michele Braga, miglior musicista per la colonna sonora di Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti.
La formula episodica di Sibilia è la vera grande novità, ma non da meno ragguardevole, il coraggio di girare due sequel insieme, di cui Matteo Rovere e Domenico Procacci di Fandango sono i produttori arditi, mettendo su un’impresa unica nella storia del cinema italiano, in un momento in cui si fa sempre più fatica a rischiare.
Con un richiamo al cinema di Guy Ritchie (Lock & Stock) e andando indietro nel tempo, al modello dei Soliti ignoti, con uno spunto inziale tratto da Breaking Bad, la linea narrativa di Smetto quando voglio – Masterclass gioca sul funzionamento della commedia adattata perfettamente al genere action, con tanto di scazzottate sul tetto di un treno merci in corsa, gli stuntman ed uno sviluppo narrativo che sfocerà nell’ultimo capitolo della saga.
A far fronte ai vegliardi del nostro cinema italiano, Sydney Sibilia è probabilmente il regista più interessante della sua generazione, quella cioè dei trentenni, assieme a Gabriele Mainetti, regista di Lo chiamavano Jeeg Robot.
Ho raggiunto Sydney al telefono per chiedergli come ci si sente ad essere uno dei pochissimi talenti italiani giovani ma già così abile con il mezzo cinematografico.
Sydney: Non so come ci si senta, nel senso che non ci si sente. Non mi sono mai sentito un talento, più che altro sono uno che si impegna. Ce la metto tutta per meritarmi gli 8 euro del biglietto. Tutto qua.
Forse uno dei pochi che si mette nei panni dello spettatore e lo soddisfa con ogni mezzo comunicativo, dal racconto narrativo del film stesso, al fumetto, al videogioco. Negli ultimi anni ricordiamo pochi esordi così promettenti.
Sydney: Non mi metto nei panni dello spettatore. Semplicemente lo spettatore sono io e cerco di fare cose sincere che piacciano a me per primo.
Hai abbracciato anche un ampio target, quello dei cervelli in fuga, che si è indentificato nelle tematiche. In qualche intervista, ti hanno definito addirittura l’opinion leader di una generazione precaria. Anche tu sei stato un precario?
Sydney: Il regista è un lavoro precario, come tutti quelli che lavorano nel cinema. E credo che l’onestà nel raccontare la precarietà nel film, non sia di uno che se lo immagina ma di uno che lo ha vissuto.
Smetto quando voglio sposa il genere della commedia, che è il genere principe della nostra cinematografia, quello che incassa di più. Senti differenze fra generi e sentiresti nelle tue corde un film drammatico?
Sydney: Non credo tanto nei generi. Non farò solo film comici questo è sicuro, forse farò cose un pochino più seriose. Forse.
Saluto Sydney e penso che in lui ancora permanga lo zelo di chi pensa di non avercela ancora fatta. Lo ringrazio e lo saluto, un pochino innamorata.
Francesca Caon
Ciao Francesca e innanzitutto benvenuta in questo spazio. Orgogliosissima di averti qui, perché diciamocelo chiaro, adoro il cinema, divoro film e serie tv, ma sinceramente non posso considerarmi, solo per questo, un’esperta. Ad ognuno il suo, come dico sempre!
Devo ammettere che è difficile non trovarsi un pochino innamorata di questo talentuoso e giovane registra dal sorriso disarmante. E così per inciso, anche Edoardo Leo non è da meno!
La formula episodica è grandiosa, hai ragione. Pensa che io sono crescita con Fantozzi e Amici miei. E se usciamo dalla commedia italiana, Ritorno al Futuro, Rocky e Karatè Kid.
Il primo film della serie ( nel 2014 ) mi ha davvero conquistata. Un film che fa sorridere, senza l’utilizzo di parolacce e allusioni sessuali, davanti a scene grottesche che se ci si pensa, di divertente non avrebbero moltissimo. Questo film è sincero. Forse una delle sue più grandi qualità.
Questo fine settimana credo che andremo a vedere MasterClass. Poi ti dico.
Grazie ancora della recensione e della bellissima intervista a Sydney Sibilia tutta per noi.
Un bacio
Sandra e Francesca ( Francesca Caon )
♥♥♥
Details
Pics : gentile cortesia di Sydney Sibilia- Foto di Paolo Saponaro
Francesca Caon: Diplomata in recitazione e arte scenica all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Stabile del Veneto nel 2004. Ha studiato alla Escuela Official de Idiomas di Valencia e parla correntemente inglese, francese e spagnolo.
Appassionata della settima arte, scrive di cinema su diversi magazine online ed organizza Festival ed eventi legati al cinema.
Responsabile Social Media e PR Communication di marchi e aziende.
Il suo bellissimo blog lo trovate qui: Francesca Caon
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