Altro giro altra corsa.
Non si fa in tempo a chiudere la porta fashion week milanese che è pronta a spalancarsi l’ultima, quella parigina, in un gran finale.
Non si fa in tempo a disfare la valigia a casa e prendere in mano gli appunti, le foto, i comunicati stampa per tirare giù i resoconti, che partono gli insulti. Ed è abbastanza deprimente.
Dopo anni di presenza sul campo, come “giornalista social schizofrenica“, detta anche ahimè fashion blogger, credo di essere abbastanza stufa di ritrovarmi ogni anno a leggere le solite polemiche che crescono in modo inversamente proporzionale alla diminuzione delle vendite delle riviste e al calo del potere di acquisto degli spazi pubblicitari e delle campagne su carta stampata. Polemiche che trovano ovviamente un grande codazzo di adepti pronti a puntare il dito sulla categoria, facendo come sempre di tutta erba un fascio. Evviva la generalizzazione!
Quest’anno l’attacco viene direttamente da Vogue.com che ha dichiarato guerra a fashion blogger ed influencer attraverso la voce di quattro penne di tutto rispetto. Una guerra che a mio avviso sa di autogol.
“Blogger che cambiate outfit dalla testa ai piedi ogni ora: per favore smettetela. Cercatevi una altro lavoro. State proclamando la morte dello stile”.
No la colpa non è delle blogger. E mi spiace contraddire la Sig.ra Sally Singer, creative digital director di Vogue. Bisogna cominciare a guardare oltre.
L’intero fashion system qualche problema lo sta vivendo, ma se lo stile è in fase agonizzante non credo che sia certo colpa di qualche centinaio di influncer che indossano abiti presi in prestito dai brand.
“Non è solo triste per le donne che si pavoneggiano davanti all’obiettivo indossando abiti in prestito”. È angosciante vedere così tanti brand collaborare”.
No, non si può dare la colpa neanche ai brand che hanno iniziato a frammentare i budget a disposizione non solo tra radio, televisione e carta stampata ma anche sul web, cercando di raggiungere un pubblico più targettizzato e maggiormente vicino alle esigenze delle aziende. Aziende che stanno annaspando in un marketing in evoluzione, che si muove alla velocità del suono, alla ricerca di nuove forme pubblicitarie in grado di influenzare davvero i consumatori.
E neanche a quelli che si ” limitano a farsi fotografare per aggiornare i propri profili social senza scrivere nulla“.
Ora, la verità è che non fa piacere a nessuno essere accomunati a chi non sa fare niente, se non farsi fotografare sulle rotaie del tram o sulle strisce pedonali, tronfio del suo instagram da 150K fake.
Ma ve lo dico con certezza … è una categoria in estinzione.
Fuori dalle sfilate io c’ero. O meglio, prima di essere fraintesi, c’era l’obiettivo di Giorgio. Posso garantirvi che in realtà sono solo i fotografi ad essere cresciuti. E i curiosi.
Le blogger stanno dentro, a fare video, foto, snapchat, instagram stories, ma anche a farsi testimone delle novità, con i loro smartphone e la loro passione. Chi non ha l’invito è a casa.
Il circo sta chiudendo. Anche lo zoo e la biglietteria.
Il capro espiatorio va cercato altrove, magari con un filino in più di autocritica.
Un bacio.
A presto. Sa
Dettagli
Foto di Giorgio Leone
Domani tutte le foto dello streetstyle MFW
Perché lo stile c’è, basta saper guardare.
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Bellissimo post, complimenti! Kiss
“Lili Gaufrette….pic-nic sur l’herbe!” ora sul mio blog http://www.littlefairyfashion.com
Non posso che condividere tutto ciò che hai scritto!
http://www.glitterchampagne.com
Ciao
A mio avviso la ragione(come la maggioranza dei casi) e’giusto in mezzo…..
Non si possono accusare adesso le fashion blogger dopo che per anni ci si è'”marciato sopra”……..
Ma a mio avviso leggere molti post dell’80% delle blogger e’svilente…….sembra di essere continuamente dentro un “carosello” via web. Capisco che molti marchi le cerchino per farsi pubblicita'(fra l’altro sarei un addetta ai lavori per cosi’dire di un paio di marchi famosi che non usano questo tipo di comunicazione),ma a quel punto non si possono piu’definire tali ma webreclamer a questo punto! E ripeto l’80%almeno di queste……anche se poi sono le stesse che fanno le “maestre di stile”anche al di fuori dei supporti multimediali…..
Grazie per lo spazio-replica
Ciao
Ciao Paola, mi trovi in linea sul fatto che l’onda del fashion blogging abbia creato dei”mostri”, in senso lato ovviamente :). Diciamo ragazzine che hanno frainteso il vero significato di informazione e condivisione sul web con la fiera della marchetta. Poca creatività nelle forma comunicativa e ahimè, spesso anche nello stile. Ma queste ragazze durante la fw sono a casa, non in front row.
Ciò che mi ha fatto indignare dell’articolo su Vogue è stata la presa di posizione nei confronti di chi invece questo lavoro lo ha preso seriamente, chi anno dopo anno si ingegna per stare al passo, contro chi ha un seguito reale di persone vere. E se poi si cambia due, tre volte al giorno, utilizzando gli abiti che i brand mettono a disposizione, chissenegfrega. Non è il punto della questione. In fondo anche le giornaliste non mi sembra che vadano alle sfilate on il completino di due anni fa, comprato nel negozio sotto casa, no?
Grazie mille per la tua replica <3